Le fatture delle sponsorizzazioni sportive sono deducibili anche se l’amministratore della società emittente ha confessato sia la falsità, sia la restituzione di una parte del corrispettivo incassato.

 Una società di capitali sosteneva spese pubblicitarie a favore di un’associazione sportiva dilettantistica, deducendo integralmente i relativi costi.

L’Agenzia delle Entrate recuperava i costi ritenendoli documentati con fatture emesse a fronte di operazioni “oggettivamente inesistenti”.

Il recupero si basa esclusivamente sulle dichiarazioni confessorie rese dall’amministratore dell’associazione sportiva, il quale ammetteva la falsità documentale per aver restituito una parte del prezzo corrisposto dalla società acquirente (cd. retrodazione).

La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia, che lo accoglieva sulla base della motivazione di seguito riportata:

CTP Pistoia n. 74/1/2015

“Si deve, quindi, ritenere che le dichiarazioni rese da terzi abbiano un mero valore di indizio che deve essere corroborato da altri riscontri e non possano essere di per sé prova autosufficiente per dimostrare la fatturazione fittizia. Nella specie, invece, l’impianto accusatorio si fonda esclusivamente su quanto dichiarato dal presidente dell’associazione sportiva. Non vi è nessun altro elemento che confermi l’accusa e che fornisca riscontro dell’asserita parziale retrocessione della somma pagata dallo sponsor (pacificamente confluita nel conto corrente della associazione). Né sappiamo se le dichiarazioni del terzo siano state confermate in sede penale, quale attendibilità sia stata alle stesse riservata in quel giudizio, quali riscontri, positivi o negativi, siano eventualmente emersi dalle indagini successive compiute dalla stessa Pubblica Amministrazione, anche relativamente alla posizione degli altri sponsor. Né è dato verificare la congruenza complessiva del sistema ricostruito dal dichiarante con i movimenti bancari in conto ed extraconto riconducibili allo stesso e/o alla associazione. L’Ufficio, inoltre, ha omesso di produrre il verbale di contraddittorio del 7 ottobre, di cui pure è traccia nell’avviso di accertamento, con ciò sottraendo alla Commissione la possibilità di procedere ad una verifica compiuta e consapevole di tutte le dichiarazioni rese dal terzo, al fine di vagliarne la logicità e la coerenza, interna ed esterna.

E poiché nella specie manca qualunque riscontro della affermata retrocessione della somma versata dallo sponsor, si ritiene che l’Ufficio non abbia adeguatamente assolto al proprio onere probatorio”.

La pronuncia era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale di Firenze, che rigettava l’appello dell’Agenzia per le seguenti ragioni:

CTR Firenze n. 615/5/2018

“L’accertamento si fonda unicamente sulle dichiarazioni rese dal Presidente della società sportiva sponsorizzata, risultanti dal processo verbale di constatazione posto a base dell’accertamento eseguito nei confronti della società appellante. Tali dichiarazioni non hanno valore confessorio, opponibile solo al soggetto che quella confessione rende contra se, ma un mero valore indiziario. Nella specie, per quell’unico indizio non sufficiente a corroborare la fondatezza dell’accertamento perchè, dando valore di piena prova alle sole dichiarazioni rese da un terzo, si finirebbe, nella sostanza, per ammettere, nel processo tributario, la prova testimoniale viceversa vietata. Sulla base di tale assorbente considerazione la sentenza appellata deve essere confermata”.

Per saperne di più sul caso giudiziario, scrivi a studio@robertosimoni.it, ti rispondo personalmente!